A meno di un anno da Cop 21, il Parlamento di Strasburgo ha ratificato a maggioranza gli accordi presi a Parigi nel novembre scorso: «La lotta al cambiamento climatico non è solo una delle più importanti sfide del nostro tempo, ma anche l’opportunità di costruire un’economia più sostenibile e competitiva e società più stabili», ha affermato Ban Ki Moon.
In quell’occasione anche la Città di Torino era presente, portando in dote gli sforzi ed i notevoli risultati conseguiti, fra cui l’abbattimento dei livelli di CO2 con cinque anni di anticipo rispetto agli impegni per il 2020.
Mi preme sottolineare però che tali risultati sono stati conseguiti non bloccando mai la circolazione, senza targhe alterne e con l’ampliamento del teleriscaldamento e delle politiche di sharing.
Il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, per parte sua ha commentato: «Il nostro voto garantisce che l’accordo soddisfi la soglia necessaria. L’entrata in vigore dell’accordo di Parigi meno di un anno dopo la sua firma è un risultato enorme, mentre ci sono voluti otto anni per il protocollo di Kyoto. Il voto di oggi significa anche che l’Ue resta un leader” nella lotta al cambiamento climatico».
Questa è l’Europa che mi piace, un’Europa che però faticherebbe a capire una politica di tagli del trasporto pubblico, quale quella che si sta profilando in Sala Rossa in questi giorni, o i dubbi sull’ampliamento delle politiche di sharing manifestati dalla sindaca Appendino e dall’assessora Lapietra.
L’Italia, che dell’Ue è fondatrice, fa parte di quei paesi responsabili del 55% di emissioni che hanno deciso di impegnarsi per ridurle. Sarebbe quantomeno imbarazzante che, a poche settimane dall’accensione dei riscaldamenti, proprio questa amministrazione non mettesse in campo ogni sforzo possibile per contenere quelle emissioni.
Questa volta non ce lo chiede l’Europa, l’abbiamo chiesto noi a lei.
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