Saranno 23 milioni ed 800 mila i metri quadrati di verde pubblico che occuperanno i prossimi mesi alcuni spazi della Città.
“Di fronte alla crescita delle aree verdi non si può continuare a diminuire le risorse”. Sono queste le parole dell’assessore al Verde Pubblico Enzo Lavolta pronunciate in vista dell’aumento di fondi comunali da destinare alla manutenzione di giardini e parchi cittadini. Se da una parte, infatti, aumentano le aree verdi all’interno dell’agglomerato urbano, dall’altra, molte di queste, negli ultimi periodi sono diventate praticamente inagibili a causa delle mancate sforbiciate primaverili. Una vera e propria giungla urbana si estende a macchia d’olio: con le nuove trasformazioni urbane, infatti, saranno 23 milioni ed 800 mila i metri quadrati di verde pubblico che occuperanno i prossimi mesi alcuni spazi della Città.
In situazioni come questa, i giardinieri pubblici fanno miracoli. E per risparmiare fondi, ci si inventa un po’ di tutto, come mucche e pecore per il controllo dell’erba alta o il baratto con gli agricoltori. Una situazione, quella di Torino che, a detta di Paolo Pejrone, non è da considerarsi come peggiore: in molte città, come Milano e Roma, la questione del verde pubblico risulta, infatti, decisamente più problematica.
Quest’anno, la giungla urbana è avanzata soprattutto a causa della nuova gara per affidare l’appalto della manutenzione che ha provocato un ritardo di almeno due settimane sulla tabella di marcia.
Alla crescita rigogliosa, in verticale, che per via della scarsità di fondi per la manutenzione del verde rischia ad ogni stagione di trasformare per qualche settimana la città in una selva, si è unita negli stessi anni un’altra crescita, questa volta orizzontale. Il verde ha guadagnato terreno, strappandolo al cemento. In dieci anni giardini e parchi si sono allargati di 5 milioni e 70mila metri quadri, pari al 25 per cento in più. Solo nell’ultimo triennio i parchi hanno occupato 3 milioni e 140mila metri quadri di nuove aree. Alla crescita del “verde vegetale” è però coincisa una crescita del “verde finanziario”, che ha obbligato la città a centellinare la manutenzione di parchi e giardini: negli ultimi cinque anni il budget per la cura del verde è calato del 60 per cento. Solo con quest’anno si risalirà la china. A dare la buona notizia è stato l’assessore al Verde Pubblico, Enzo Lavolta, mercoledì scorso davanti al Consiglio Comunale: «Dopo anni di tagli, per la prima volta invertiremo la tendenza — ha annunciato — Lo stanziamento sarà riportato al livello del 2012, mettendo a bilancio 380mila euro in più rispetto all’anno scorso. Di fronte alla crescita delle aree verdi non si può continuare a diminuire le risorse».
Come dargli torto. «Dal mio punto di vista — riconosce con ammirazione l’architetto Paolo Pejrone, architetto paesaggista di fama internazionale e presidente dell’Accademia piemontese del giardino — quello che stanno facendo in questa situazione i giardinieri comunali è un miracolo. La loro fierezza è sentita dai torinesi e ha aiutato in questi tempi a combattere la povertà di risorse». Dai 6,7 milioni del 2008 i soldi per tenere in ordine i giardini comunali sono passati l’anno scorso a 2,7 milioni. Questo mentre il verde è cresciuto del 25 per cento in dieci anni, con l’arrivo di nuovi parchi attorno alle zone riqualificate, come parco Dora (grande quasi come il Valentino), l’Arrivore, parco Stura, quello in costruzione a Spina 4. Senza contare quelli in progetto, attorno alla Thyssen e alla Continassa, entrambi di circa 100mila metri quadri di superficie. «Si stima — fa sapere l’assessore Lavolta — che con le trasformazioni urbane in progetto si salirà dagli attuali 21 milioni di metri quadri a 23 milioni e 800mila metri quadri di verde pubblico».
Con budget sempre più risicati sarà un’impresa averne cura. Com’è stata un’impresa quella condotta negli ultimi anni dal Servizio Verde Pubblico, guidato dalla responsabile dei giardinieri comunali Claudia Bertolotto. Si sono dovuti inventare di tutto per risparmiare. «Prima compravamo piante e fiori all’esterno — racconta Lavolta — adesso le piantiamo e le facciamo crescere nel vivaio della città. Con queste e altre efficienze si è riusciti, grazie alla grande maestria dei nostri giardinieri, a tamponare l’emorragia di risorse». Si è fatto ricorso a pecore e mucche per controllare la crescita dell’erba. Si sono lasciati i grandi prati del Meisino e del Colonnetti a fienagione, barattando con gli agricoltori lo sfalcio dell’erba in cambio del fieno. In collina, dove la città ha sul groppone la gestione di più di un milione e 600mila metri quadri di boschi, si è data la possibilità di raccogliere il legname in cambio della potatura e della cura del bosco. Si è cercato poi di far adottare ai privati alcune aree verdi: il giardino Sambuy l’ha preso l’acqua San Bernardo, piazza Solferino l’Aes, corso XI Febbraio la Smat, mentre Unicredit pianta alberi ad ogni figlio nato dei propri dipendenti e il gruppo Accor raccoglie fondi per rinfoltire il boschetto della Pellerina.
Pur di risparmiare, insomma, ci si è inventati di tutto. L’esigente Pejrone è il primo a riconoscerlo: «Nel complesso il mio giudizio è che i giardini torinesi siano ben tenuti — dice — Con delle eccezioni, certo, ma la situazione, se confrontata a quella di città come Milano e Roma, è di gran lunga migliore. Si sente che c’è grande cura e attenzione. Anche se purtroppo non siamo a Parigi, dove tutto è perfetto». L’arrangiarsi non è bastato ad evitare, soprattutto nelle zone più periferiche, il diradarsi dei passaggi dei giardinieri per il taglio dell’erba. Se prima si facevano di norma anche quattro o cinque sfalci in una stagione, anche nei giardini minori, adesso a godere del trattamento di lusso sono rimasti soltanto il Valentino e le aiuole storiche. Al massimo gli sfalci sono tre, il primo a marzo-aprile, il secondo tra maggio e giugno, il terzo a settembre. E non sempre vengono fatti secondo i programmi: quest’anno, a causa del ritardo causato dalla nuova gara per affidare l’appalto della manutenzione, c’è stato un ritardo di almeno due settimane sulla tabella di marcia.
da La Repubblica
GABRIELE GUCCIONE
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